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Archive for aprile 2010

Il mese prossimo i miei genitori vengono a Berlino e, visto che non hanno mai visitato la città, vorrei mostrare loro il più possibile. Mio padre è un grande appassionato di storia e ho pensato di portarlo al Centro di documentazione del Muro. Ci sono stata tre anni fa; non era lontano dalla scuola di tedesco che frequentavo, ma non mi ricordavo esattamente dove fosse, quindi ieri ho fatto un giro esplorativo della zona. L’ho ritrovato: è sulla Bernauer Straße, fra le stazioni Bernauer Straße e Nordbahnhof. Il centro in sé non è molto grande, ma si può osservare un tratto di muro conservato esattamente com’era ai tempi della DDR.

Mi ha colpito in particolare l’impatto che il Muro ebbe sul quartiere: la strada fu praticamente divisa in due e i palazzi che facevano parte della zona est si affacciavano su quella ovest (il marciapiede apparteneva alla zona francese). In molti tentarono di fuggire buttandosi dalle finestre; qualcuno ce la fece, molti altri no. Poi il regime ha murato porte e finestre e, in un secondo momento, abbattuto le case che costeggiavano il confine.

La Chiesa della Riconciliazione ebbe la sfortuna di trovarsi nella terra di nessuno. Anche se l’accesso era impedito, la chiesa dava fastidio al regime e nel 1985 venne abbattuta. Neanche il cimitero che costeggiava la barriera fu lasciato in pace: le tombe che si trovavano a ridosso del Muro vennero rimosse e spostate altrove.

Mentre leggevo tutto questo, mi sono venuti in mente i Buddha di Bamiyan, distrutti dai talebani perché “costituivano un pericolo per l’Islam”. Eliminare dei simboli sacri per mostrare al mondo la propria potenza. Io non sono certo l’esempio della perfetta cattolica credente e praticante, ma cosa c’è di più blasfemo, in qualsiasi religione, del distruggere un luogo di culto e del disseppelire i morti? E tutto questo è successo nel 1985, non nel Medioevo. Solo 25 anni fa.

Con questi pensieri in testa sono salita sulla torre del Centro di documentazione, dalla quale si può osservare quello che era il lato occidentale del Muro. Vengo accolta dalle voci di un gruppo di italiani che si lamentano. Cito a memoria:

“Questa è la più grande cagata che abbiamo visto a Berlino.”

“Eh, ma era sulla guida, quindi dovevamo vederla.”

“Oh, vieni qua e fai una foto, va’.”

Avrei voluto prenderli a testate. Forse si aspettavano qualcosa di turistico come il Checkpoint Charlie, o magari un luna park con tante belle lucine colorate. Ammetto che non c’è molto da vedere: un tratto di muro, la terra di nessuno, la torre di guardia. Ma, avendo letto quello che era successo nel quartiere, anche quel poco che ho visto mi ha colpito. Mi ha colpito la nuova cappella costruita al posto della chiesa abbattuta; mi ha colpito il prato del cimitero a ridosso del muro, senza tombe perché i morti davano fastidio e sono stati rimossi; mi ha colpito il fatto che la gente fosse disposta a buttarsi dalla finestra per inseguire il sogno di una vita migliore.

Le informazioni erano sia in tedesco, sia in inglese. Ma leggere è faticoso, si sa. Mi chiedo perché il gruppo in questione non si sia chiuso in un bel centro commerciale invece di perdere tempo con la storia, ce n’è uno di 5 piani proprio dietro ad Alexanderplatz. Ah, già: il centro era nella guida, quindi bisognava vederlo. E poi sai che soddisfazione tornare in Italia e poter dire “Il Muro di Berlino è una cagata pazzesca!”

Fonte foto: Wikipedia

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Disavventure in cucina

Vado a fare la spesa al supermercato dietro casa. Ho voglia di pizza. Mi fermo al banco dei surgelati e adocchio perplessa le varie confezioni dall’altra parte del vetro. Fra una pizza greca con gyros e una Hawaii con prosciutto e ananas (qui è un classico) noto un marchio familiare: la Pizza Ristorante della Cameo, che in Germania si chiama Dr. Oetker. “Se la vendono anche in Italia”, penso, “non deve essere male.” Decido di investire questi 2 euro e qualcosa e prendo quella agli spinaci.

Ho davvero fame e non vedo l’ora che sia cotta. Tempo neanche 15 minuti et voilà, la cena è servita. Appena apro il forno vengo investita da una zaffata d’aglio che avrebbe steso un qualunque vampiro nel raggio di un km. “Oh be’, tanto stasera non devo limonare nessuno.” Al primo morso, le mie papille gustative vengono assalite contemporaneamente da sapori opposti: da un lato il suddetto aglio, dall’altro un qualcosa di dolce. Dolce? Sulla pizza? Eh sì, c’è qualcosa di dolciastro nella pasta. E anche il formaggio ha un sapore strano. Ma ho fame e non sono schizzinosa, quindi continuo a mangiare.

Solo dopo avere finito faccio quello che, forse, avrei dovuto fare prima di portare la pizza alla cassa: leggo la lista degli ingredienti. La prima cosa che noto è che manca quella in italiano; c’è in tedesco, inglese, francese, in tutte le lingue scandinave, perfino in russo. Ma non in italiano. E già questo è sospetto. Mi metto a leggere: OK, passi il formaggio Edam, passino i semi di sedano (non sapevo neanche che fossero commestibili), passi anche il pepe di Cayenna, ma che bisogno c’era di aggiungere lo zucchero? Non solo: anche sciroppo di glucosio e zucchero caramellato. Altro che avere l’impressione che la pasta fosse dolce, questa pizza potrebbe essere servita direttamente al posto del dessert.

La prossima volta che avrò voglia di spinaci, me ne vado al mercato turco e mi compro un Gözleme, così almeno so quello che mangio.

Foto: ©Dr. Oetker

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Lo scorso weekend ho partecipato a Das Bankentribunal, una manifestazione organizzata dall’associazione Attac durante la quale sono state analizzate le cause che hanno portato alla crisi finanziaria del 2008 e i vari “colpevoli” messi sotto accusa. Il tutto sotto forma di processo, con tanto di giuria, testimoni e avvocati dell’accusa e della difesa. A fare da contorno una serie di workshop, spettacoli teatrali e musica dal vivo. Il tutto si è svolto nel Volksbühne, uno dei teatri più famosi di Berlino (e che io ero convinta fosse legato in qualche modo al nazismo, vista l’architettura, ma mi sbagliavo).

Breve sunto del programma.

Venerdì sera: presentazione del tribunale, spettacolo teatrale con due attori del Volksbühne e cabaret con Urban Priol e Georg Schramm. Purtroppo non sono riuscita ad apprezzare appieno lo spettacolo di cabaret per problemi linguistici, i continui cambi di dialetto faranno anche ridere i nativi, ma per me povera straniera erano un tantino difficili da seguire. Quello che sono riuscita a capire comunque era uno spasso, soprattutto l’imitazione del Presidente della Repubblica che gioca a bingo. Perfino il compostissimo pubblico tedesco era piegato in due dalle risate. Gli attori del Volksbühne hanno invece presentato vari reading, uno dei quali trattava della “Bolla dei tulipani” nell’Olanda del XVII secolo: in pratica la prima crisi di borsa causata dalla speculazione. È triste notare come da allora non sia cambiato praticamente nulla.

Sabato: apertura del processo, con la presentazione di vari capi d’accusa rivolti a politici e manager, e discussione di tematiche legate alla crisi economica in diversi workshop: quello che ho seguito io era incentrato sull’ecologia e su come i grandi gruppi finanziari non abbiano alcun interesse a finanziare progetti di dimensioni medio-piccole, con la conseguenza che la maggior parte dei finanziamenti vengono stanziati per la costruzione di nuove centrali nucleari. Chicca della giornata: il politico dell’SPD che arriva in ritardo perché ha preso il taxi da Alexanderplatz, che dista una fermata di metropolitana dal teatro. Mossa furbissima, soprattutto visto che doveva parlare di ecologia.

In serata mi sono fatta due risate al mini-concerto di Bela B e Olli Schulz, e sono rimasta per il Dj-set a seguire, durante il quale ho anche avvistato il figlio di Klaus Kinski. (Celebrity Spotting #3) La sala principale del teatro, intanto, era stata trasformata in un’enorme discoteca, con tanto di gigantesca palla specchiata (in realtà composta da decine di proiettori, l’effetto era impressionante) appesa sopra al palcoscenico.

Domenica: lettura del verdetto e ulteriori workshop. Purtroppo non ce l’ho fatta ad esserci, visto che le attività si sono svolte di mattina e io ero distrutta.

Giudizio sintetico: un’idea interessante realizzata molto bene, sono contenta di avere partecipato.

Logo Bankentribunal: © Attac Deutschland

Foto: © Alessandra Ocarni

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Il concetto tedesco di stazione

Negli ultimi anni ho girato la Germania in lungo e in largo, e spesso ho usato il treno. Ho visto stazioni enormi e modernissime, come quella di Berlino, ma anche piccole e malandate in qualche sperduto paesino in mezzo al nulla. Le stazioni centrali delle città medio-grandi, però, hanno tutte qualcosa in comune: sono concepite come dei piccoli centri commerciali che si sviluppano attorno ai binari.

Partendo dall’esperienza di Milano, dove avventurarsi in zona Stazione Centrale è consigliata solo a chi ama le emozioni forti, ho notato una cosa: nelle stazioni tedesche non mi è mai capitato di avere paura. E questo perché c’è sempre qualche negozietto o baracchino aperto, quindi c’è sempre gente in giro. Ovviamente questo non vale per le stazioncine dove fermano solo i treni locali, che sono messe più o meno come le nostre, ma nelle grandi città la stazione è il luogo dove andare se ti viene un attacco di fame alle 4 di notte, non quello dove hai buone probabilità di essere borseggiato alle 4 del pomeriggio.

La nuova stazione centrale di Berlino, ad esempio, è un complesso di 5 piani, nel quale solo due sono occupati dai binari (l’ultimo per i regionali e il passante ferroviario, e il piano sotterraneo per i treni a lunga percorrenza), tutto il resto è un susseguirsi di bar e negozi vari.

Pensavo volessero fare qualcosa di simile anche a Milano quando hanno iniziato a ristrutturare la stazione centrale qualche anno fa. Adesso, oltre ad avere finalmente una biglietteria come si deve (la vecchia “Biglietteria Estera” era quasi identica a quella di Budapest; pittoresca, per carità, ma non proprio il massimo della funzionalità), sono stati predisposti degli spazi per negozi e chioschi. Mi sono detta “Forse è la volta buona, forse hanno capito che per rendere più sicuro un posto non serve mandarci l’esercito, basta renderlo più vivibile e vivo.” Peccato che la maggior parte dei negozi sia ancora chiusa (qualcuno mi aggiorni se negli ultimi mesi è cambiato qualcosa) e alla prima pioggia, poco dopo l’inaugurazione, si sia allagato tutto quanto.

Qualcuno spieghi alla Moratti che non basta spostare i barboni di peso quando arrivano i delegati dell’Expo per avere una città di livello europeo.

30/04/2011: a un anno di distanza, sono tornata sull’argomento.

Fonte foto: Wikipedia

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