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Archive for Maggio 2010

Tschüß

Ultima sera a Berlino. Temo che, se dovessi scrivere un vero “ultimo post”, mi metterei a piangere, quindi mi limito a citare Battiato.

Non so se e quando aggiornerò ancora questo blog. Forse sì, rimanete sintonizzati.

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In Germania vedere uno spazzacamino porta fortuna. Io stamattina ne ho visti 3 sul tetto della casa accanto (abitare all’ultimo piano ha i suoi vantaggi), quindi mi aspetto una giornata grandiosa. Intanto ha smesso di piovere e la temperatura si è alzata, che è già qualcosa.

Altre piccole superstizioni teutoniche: per scacciare la sfortuna qui non si tocca il ferro, ma il legno (come nei paesi di lingua inglese) dicendo “Toi toi toi”; per augurare buona fortuna a qualcuno non si dice “Incrociamo le dita”, ma “Ich drücke dir die Daumen”, letteralmente “Ti schiaccio i pollici”; oltre alle coccinelle e ai quadrifogli, anche i maiali portano fortuna e un modo colloquiale per dire “Mi è andata bene” (o “Ho avuto culo”) è “Ich habe Schwein gehabt”, ossia “Ho avuto maiale”. Bisogna solo fare attenzione al contesto nel quale si usa quest’espressione, qualcuno potrebbe equivocare…

E adesso vado a godermi la mia giornata fortunata. Tschüß!

Fonte foto: Wikipedia

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Visti per strada #2

Ultimi giorni a Berlino. Poco tempo a disposizione, ancora tante cose da fare. Mentre sistemavo le foto fatte in questi mesi, ne ho trovate alcune del mio quartiere, Neukölln. Non ha la vitalità di Kreuzberg o Friedrichshain, non è trendy come Prenzlauer Berg e non è certo la prima scelta quando si deve decidere dove trasferirsi – anche se l’assessore allo sviluppo (la signora nel manifesto qui sopra) ha intenzione di trasformarlo in un quartiere coi fiocchi. Ma ho trascorso qui gli ultimi otto mesi, e di sicuro mi mancherà.

Espositore di un negozio di elettronica. (Lo stesso che ha i manichini cyberpunk in vetrina.)

Il nostro amichevole Spiderman di quartiere, che se ne sta appollaiato sopra all’insegna di un videonoleggio.

Le giornate invernali sono lunghe e grigie, aiutiamoci con un po’ di colore.

Foto © Alessandra Ocarni

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I tedeschi danno i numeri

Chiunque abbia studiato il tedesco si sarà chiesto almeno una volta “Ma come contano i tedeschi?!” Non siamo ai livelli deliranti dei francesi, che per dire “novanta” dicono “quatre-vingt-dix” (ossia “quattro-venti-dieci”, cioè, bisogna avere una mente perversa), ma al di là delle Alpi ce la mettono comunque tutta per mettere i bastoni fra le ruote al povero straniero che tenta di imparare la lingua.

Fino al 20 va tutto bene, i numeri sono abbastanza simili all’inglese. Ma dal 21 iniziano i guai. Sì, perché i tedeschi non dicono “ventuno”, ma “uno-e-venti” (“einundzwanzig”). Che poi, ripensandoci, anche i numeri dal 13 al 19 seguono la stessa logica: “dreizehn”, “vierzehn” eccetera significano, letteralmente, “tre-dieci”, “quattro-dieci” e così via.

Tra parentesi, sono l’unica a chiedersi se, quando prendono appunti, i tedeschi scrivano prima le unità e poi le decine e non viceversa? Probabilmente sì.

Ma passiamo oltre e continuiamo con le date: anche qui l’inglese aiuta ma non basta. Se gli inglesi leggono 1980 “nineteen-eighty” (“diciannove-ottanta”), i tedeschi aggiungono un gradino di difficoltà in più e dicono “neunzehnhundertachtzig” (“diciannove-cento-ottanta”, ovviamente tutto in una parola unica, sennò dove sta il divertimento.)

Questa faccenda del “cento” mi ha anche causato un attimo di panico sul lavoro. Il capo, parlando di un ingaggio, mi dice che la cifra è “fünfzehnhundert”, ossia “quindici-cento”. Oddio, ho pensato, che numero è? Per fortuna avevo sotto mano il contratto e ho visto che si trattava di 1500, ovvero quindici volte cento. Mai in vita mia avevo sentito una cifra letta in questo modo. La mia coinquilina mi ha comunque rassicurato che si tratta di un modo di leggere le migliaia che ormai non si usa quasi più.


Sempre la mia coinquilina mi ha spiegato un paio di cose su come leggere le ore. A scuola ci hanno sempre raccomandato di fare attenzione, perché per dire “nove e mezza” i tedeschi dicono “halb zehn”, cioè “dieci mezza”. E va be’, basta saperlo. E comunque ha una sua logica: significa che manca mezz’ora alle 10. È una logica un po’ perversa, ma tant’è; stiamo pur sempre parlando di una lingua che mette i verbi composti alla fine della frase e nella quale 25 si legge “cinque-e-venti”. A tutto questo si aggiunge anche il modo “nordico” di leggere le ore: nei Länder settentrionali se vi dicono che ci si vede alle “viertel zehn”, letteralmente “un quarto dieci”, l’appuntamento non è per le dieci e un quarto, né per le dieci meno un quarto (o “un quarto alle dieci”), ma per le nove e un quarto. Alla mia domanda “Scusa, ma allora come dite 9:45?” la mia coinquilina ha risposto, come se fosse la cosa più naturale del mondo, “Dreiviertelzehn”, “tre quarti dieci”. A questo punto ho messo seriamente in discussione la logica tedesca. Mi sarei aspettata al limite il contrario, cioè che 9:45 si dicesse “un quarto dieci” e 9:15 “tre quarti dieci”. Così almeno una logica ci sarebbe.

Vedendo la mia faccia sconsolata, la cara donna mi ha comunque rincuorato: a quanto pare anche i tedeschi del sud hanno dei problemi a capire questo modo di leggere le ore. Mi sento un po’ meno sola.

Fonte foto:  http://www.sxc.hu

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Tempelhof, la “madre di tutto gli aeroporti”, chiuso al traffico aereo a seguito di un referendum del 2007, è diventato il “Volkspark Tempelhof”.

Costruito negli anni ’20 dello scorso secolo (nel 1926 vi fu fondata la Lufthansa) e ampliato negli anni ’30 durante il Nazismo, nell’immediato Dopoguerra divenne il simbolo del ponte aereo che salvò Berlino Ovest dal collasso durante il blocco imposto tra il 1948 e il 1949 dai sovietici. Il 70% degli aerei che rifornivano la città di viveri, carbone e materie prime, soprannominati “Rosinenbomber”, atterrava a Tempelhof.

Fonte foto: Wikipedia

Nonostante le dimensioni della pista siano piuttosto ridotte rispetto a quelle di aeroporti di più recente costruzione, l’edificio è uno dei più grandi al mondo e, con i suoi 1200 metri di lunghezza, è anche il più lungo d’Europa.

Dopo la chiusura definitiva nel 2008 sono stati presentati vari progetti per gli usi futuri dell’area. Fra i tanti mi ha fatto morire The Berg: l’idea era quella di costruire una montagna per far schiattare d’invidia gli abitanti di Amburgo e far vergognare quelli di Monaco. Non mi invento niente, è tutto scritto nel Manifesto.

Si è invece optato per una scelta più tradizionale: trasformare l’area delle piste in un grande parco aperto al pubblico, con zone per cani, per la griglia e per lo sport (la mia coinquilina ha già tirato fuori i rollerblades dall’armadio); l’edificio principale verrà utilizzato per eventi vari (sono già in programma due fiere), mentre nelle aree a ridosso dell’ex aeroporto saranno costruiti nuovi complessi abitativi. Quest’ultimo particolare ha dato fastidio a qualcuno e ieri, durante la cerimonia di apertura, ci sono state delle proteste: si teme infatti che la riqualificazione avrà come conseguenza un aumento dei prezzi degli appartamenti. È stata contestata anche la scelta di chiudere il parco dopo le 21:00 (le 22:00 in estate), ma vista l’estensione dell’area e dal momento che una parte del parco si affaccia direttamente su Neukölln, un quartiere decisamente “difficile”, direi che l’amministrazione ha i suoi buoni motivi per volere chiudere i cancelli dopo il tramonto. Tra l’altro, i manifestanti sono passati sotto casa mia ieri sera e hanno fatto un bel casino. Se volevano dare al sindaco una ragione in più per mettere i lucchetti, mi sa che ci sono riusciti benissimo.

Foto © Alessandra Ocarni

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Dal quel che ho capito, il 1° Maggio in Germania, soprattutto in città come Berlino e Amburgo, è diventato negli ultimi anni sinonimo di scontri violenti fra gruppi di estrema destra ed estrema sinistra. Per tutta l’ultima settimana di aprile si susseguono appelli da parte dei vari politici di turno che chiedono “Uno stop alla violenza”; appelli che, di solito, non funzionano un gran che. La mia coinquilina mi ha spiegato che durante il giorno non ci sono problemi, ma al calar delle tenebre, come in una qualsiasi storia de paura, iniziano i guai.

Avevo già un impegno per la sera (un concerto a Potsdam), ma nel pomeriggio, complice anche un’improvvisa voglia di burrito, ho deciso di fare un salto sulla Oranienstraße, ossia il centro di Kreuzberg, ossia il centro del casino. La presenza di poliziotti era notevole, ma l’atmosfera era allegra e rilassata: palchi con gruppi punk che schitarravano come dannati, DJ che suonavano ogni tipo di musica, dalla techno al reggae, baracchini che vendevano salsicce, hamburger e qualsiasi cosa potesse essere grigliata. Tanti gruppi di amici, famigliole con bambini e gli immancabili turisti che si lamentavano perché la via era troppo affollata. Ogni tanto qualcuno si affacciava alla finestra e buttava dei coriandoli su chi stava passando di sotto. Non mi sembrava ci fosse nulla di pericoloso, anzi, vedevo solo gente che mangiava, ballava e si divertiva insieme.

Peccato che il giorno dopo, sui giornali, non si parlasse d’altro che di scontri, di danni e di feriti. Tutto successo dopo il tramonto, mentre io mi godevo l’electro-punk degli Abwärts in un locale semivuoto, perché il “pubblico potenziale” era tutto a Kreuzberg. Poco male, ho avuto un sacco di spazio per ballare e divertirmi. E i ragazzini in prima fila che saltavano e pogavano erano uno spettacolo.

Foto: © Alessandra Ocarni

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