Qualcuno mi ha fatto notare che non ho ancora dedicato un post al concorso più amato dai filologi tedeschi: la Parola dell’Anno (in tedesco “Wort des Jahres”).
Ogni dicembre una giuria di linguisti della “Gesellschaft für deutsche Sprache” (Società per la Lingua Tedesca, l’equivalente crucco dell’Accademia della Crusca) rende nota la parola o la frase che più di ogni altra ha caratterizzato l’anno appena trascorso. Ci si può fare un’idea di come funzioni il tutto dando un’occhiata alle vincitrici degli ultimi anni.
2009: Abwrackprämie (incentivi alla rottamazione)
2008: Finanzkrise (crisi finanziaria)
2007: Klimakatastrophe (catastrofe climatica)
La mia preferita, comunque, è la numero uno del 2002: “Teuro”, gioco di parole nato dalla fusione fra “teuer” (caro, costoso) e “Euro”. Evidentemente anche in Germania si è notata una tendenza ad arrotondare per eccesso i prezzi in seguito all’arrivo dell’euro.
Per non farsi mancare niente, oltre alla Parola dell’Anno viene eletta anche la Non-Parola dell’anno (“Unwort des Jahres”): si tratta di espressioni che forse non arriveranno mai sulle pagine del dizionario, ma che hanno comunque trovato i loro 15 minuti di celebrità sui media. Nel 2009 il primo posto se l’è aggiudicato “betriebsratsverseucht”, espressione assolutamente intraducibile formata dall’unione di “Betriebsrat” (consiglio di fabbrica) e “verseucht” (contaminato), termine poco carino usato dagli imprenditori che considerano i consigli di fabbrica come una piaga. Dire che un’azienda è “betriebsratsverseucht” equivale a descriverla come “schiava del consiglio di fabbrica”, anche se, personalmente, trovo che l’idea di epidemia (“Seuche”) che caratterizza l’originale sia decisamente più sgradevole.
Vi terrò aggiornati sui risultati del 2010.