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Archive for gennaio 2011

Foto: www.sxc.hu

Forse oggi non è il giorno ideale per questo post, visto il terribile incidente ferroviario avvenuto ieri sera nei pressi di Magdeburgo, ma ultimamente ho pensato spesso a una delle cose che più mi mancano di Berlino: i mezzi pubblici. In nove mesi di permanenza nella capitale tedesca, non ho mai sentito la mancanza dell’automobile, neanche quando dovevo uscire la sera. Certo, quando la S-Bahn ha ritirato la metà dei treni per manutenzione straordinaria ai freni è stato un delirio, e il ghiaccio ha causato ritardi notevoli nei mesi invernali, ma in generale non mi sono mai trovata a pensare “Ah, se avessi la macchina…”

Tutto questo mi è venuto in mente mentre stavo cercando gli orari di un autobus, che d’ora in poi chiamerò “l’autobus fantasma”. Trattasi della linea Z203, che va da Cologno Nord, capolinea della metropolitana M2, alla stazione di Monza FS. Nella mia ingenuità, ero convinta che la tratta in questione fosse gestita da NET (Nord-Est Trasporti), società controllata da ATM, come tutte le altre linee che iniziano con la lettera Z. Ho cercato sul sito www.nordesttrasporti.it: nulla. Ho provato su www.atm-mi.it: idem. È come se non esistesse. Ho tentato anche una tattica ninja: sono andata alla pagina di GiroMilano e ho calcolato il percorso da Cologno Nord a via Veneto (Brugherio), dove c’è una fermata dello Z203. Il risultato è stato il seguente:

L’ATM mi consiglia di percorrere 2750 metri… a piedi. Grazie del suggerimento, ne farò tesoro. Alla fine, comunque, ho risolto il mistero: la linea non è gestita da NET né da ATM, ma da Brianza Trasporti. È bastata una breve visita al sito www.brianzatrasporti.it e gli orari sono stati consultati e, per precauzione, scaricati. Adesso spero solo di non ritrovarmi dentro alla sequenza d’apertura di Nightmare 2…

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Uova con sorpresa

La mattina di Pasqua i bambini tedeschi sono impegnati nella tradizionale “caccia alle uova”: i genitori nascondono uova sode decorate in giro per la casa o in giardino e i figli devono ritrovarle tutte. Quest’anno, però, la caccia alle uova è iniziata prima e per motivi meno allegri: dopo la mucca pazza, il pesce al mercurio, l’influenza aviaria e la febbre suina, è la volta delle uova alla diossina.

Com’è possibile che la contaminazione sia avvenuta nella patria del cibo bio, per di più nel Paese che, nell’immaginario collettivo, è rigidissimo e inflessibile nei controlli? Ho dato una rapida occhiata alla stampa tedesca e ho trovato un articolo dal titolo emblematico: “Scandalo diossina: l’abbondanza avvelena il nostro cibo“.

La tesi di fondo è che la corsa al ribasso dei prezzi ha come conseguenza inevitabile una qualità altrettanto bassa e se si è arrivati alla situazione attuale è anche perché i consumatori non si sono mai veramente interessati alla provenienza di ciò che finisce nei loro piatti.

In realtà, in Germania esistono due tipi di consumatori: da un lato quelli che fanno la spesa nei supermercati bio e, potendoselo permettere, spendono molto per avere un cibo sano; dall’altro quelli che comprano nei discount, dove si trovano, riporta l’articolo, “500 grammi di macinato a meno di 2 euro, un litro di latte a 60 centesimi e una confezione da 10 uova (allevamento a terra) a 1,29 euro“.

I generi alimentari tedeschi non sono mai stati tanto a buon mercato: ricordo ancora che ogni volta che facevo la spesa a Berlino pensavo che la cassiera si fosse dimenticata di battere qualcosa perché il totale mi sembrava troppo basso. La produzione industriale garantirebbe anche sicurezza e igiene mai raggiunti prima, eppure qualcosa che non va c’è. E nemmeno gli allevamenti bio sono al sicuro: anche le loro uova riportavano tracce di diossina.

I ritmi serratissimi della produzione di massa impongono l’uso di pesticidi, concimi chimici e allevamenti intensivi per sostenere una produzione sempre più insostenibile, anche a scapito delle fattorie tradizionali: negli ultimi 30 anni il loro numero si è quasi dimezzato, vista l’impossibilità di competere non solo sul fronte della produzione, ma anche su quello dei prezzi, spinti sempre più verso il basso.

Secondo il giornalista è inutile chiedere controlli più rigidi e sanzioni più severe: passato il momento di indignazione collettiva le cose tornerebbero come prima, fino al prossimo scandalo. Invita invece i consumatori a informarsi sulla provenienza del cibo che acquistano e si chiede se valga davvero la pena fare del male non soltanto all’ambiente, ma anche a noi stessi, solo per risparmiare qualche euro.

Fonte immagine: www.sxc.hu

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Le (in)fallibili Poste Tedesche

Quando ho aperto questo blog ero convinta che al mio rientro in Italia l’avrei mandato in pensione: del resto un diario di viaggio si scrive mentre si è in viaggio. Il piccolo invece è sopravvissuto, anche se gli aggiornamenti sono stati sporadici. Ma col post del 31 dicembre scorso pensavo davvero di avere messo la parola fine a quest’esperimento.

E invece no, perché di tanto in tanto qualche brandello della mia trasferta berlinese torna a galla, di solito nei modi più strani. Attraverso la posta, ad esempio. E non semplicemente sotto forma di auguri di Natale da parte della mia ex-coinquilina in procinto di partire per un tour delle Americhe, dal Canada all’Argentina. No, sarebbe troppo banale. Il brandello in questione è arrivato in una busta bianca riportante il timbro “MISSENT TO THAILAND”, ossia “spedito per errore in Thailandia”.

Si trattava della richiesta di pagamento per un’ambulanza. La versione breve della storia è che, il giorno in cui sarei dovuta rientrare in Italia coi miei, è successo qualcosa per cui c’è stato bisogno di andare all’ospedale in ambulanza, con annesso rinvio della partenza, pagamento di vari extra, ricerca di un deposito dove lasciare i bagagli e discorsi con medici e infermieri vari, il tutto rigorosamente in tedesco. Sul momento abbiamo pagato solo una specie di ticket di 10 euro in quanto non residenti, e io pensavo che fosse finita lì. Invece lo scorso ottobre mio padre riceve una richiesta di pagamento per l’ambulanza di 300 e passa euro. Gulp. L’assicurazione non copre questo tipo di spesa e i soldi li dobbiamo sborsare noi. Nel tradurre la lettera incontro un termine che non ho mai visto e che significa “sollecito di pagamento”. Ma i solleciti non si spediscono quando il primo avviso è stato ignorato? Visto che non ho mai ricevuto nulla del genere (figuriamoci in tedesco!) e che quella è la prima lettera che riceviamo dall’ospedale, decido che si tratta di un semplice “avviso di pagamento” e accompagno i miei a fare il bonifico.

Il mistero si risolve più di due mesi dopo, quando mio padre si ritrova tra le mani la suddetta busta contenente proprio il famoso primo avviso di pagamento. Busta che, per andare da Berlino a Milano, ha fatto il giro panoramico ed è passata dalla Thailandia. Del resto, da Mailand a Thailand il passo è breve. O no?

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