
Scusate il ritardo. Non volevo lasciarvi sulle spine a struggervi per il risultato della Parola dell’Anno, davvero, non volevo. Quindi, per evitarvi ulteriore sofferenza, passo subito alla classifica.
Wort des Jahres 2011
1. Stresstest
2. hebeln
3. Arabellion
4. Merkozy
5. Fukushima
6. Burnout
7. guttenbergen
8. Killersprossen
9. Ab jetzt wird geliefert!
10. Wir sind die 99%
La parola vincitrice è, per una volta, abbastanza intuitiva. La seconda classificata, invece, prendendo a prestito un tormentone di Bisio di qualche anno fa, è un po’ intraducibile. Un corrispettivo italiano non l’ho trovato, quello inglese sarebbe “leverage”. Visto che nella spiegazione si parla di sfera finanziaria, sono andata a curiosare nel gergo economico e ho scoperto che “leverage” indica il “rapporto di indebitamento” di una società. In pratica “hebeln” si riferisce all’atto di contrarre un debito per salvarsi dal fallimento (o di concedere un prestito per salvare una società dal fallimento, non mi è ben chiaro se venga usato in forma attiva o passiva). In pratica quello che hanno fatto molte banche europee, nonché la Grecia, con i milioni gentilmente concessi dalla BCE.
Arabellion è invece l’unione di due parole (giochino linguistico che piace tanto ai giapponesi): Arabisch + Rebellion, per indicare le rivolte della Primavera Araba. Stesso meccanismo per Merkozy (Merkel + Sarkozy). Fukushima non ha bisogno di traduzioni e burnout ha lo stesso significato dell’inglese (mi piace pensare che l’equivalente italiano sia “il logorio della vita moderna”).
Ma la genialità tedesca raggiunge l’apice con guttenbergen, trasformazione in verbo del cognome dell’ex ministro della difesa Karl Theodor zu Guttenberg, finito al centro di una situazione alquanto imbarazzante quando si è scoperto che aveva scopiazzato allegramente parte della sua tesi di dottorato. Risultato: guttenbergare è diventato sinonimo di copiare, plagiare.
Killersprossen sono i “germogli killer” che hanno scatenato il panico la primavera scorsa, mentre le ultime due posizioni della top ten non sono proprio parole, ma slogan: la 9 è il motto col quale si è presentato Philipp Rösler, che ha sostituito Guido Westerwelle alla presidenza del Partito Liberaldemocratico, e vuol dire più o meno “Da adesso si vedranno i risultati”; la 10, abbastanza intuitiva, è la versione tedesca dello slogan di Occupy Wall Street “We are the 99%”, “Noi siamo il 99%”.
Per il momento è tutto. Ci risentiamo fra qualche giorno per i risultati della Non-parola dell’anno.
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