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Posts Tagged ‘Berlino’

Weil wir Dich lieben

Come era facilmente prevedibile, la frequenza con la quale aggiorno questo blog continua a essere bassina. Meno male che a dicembre c’è l’appuntamento con la Parola dell’Anno. Ma prima di occuparmi della classifica più amata dai filologi d’Oltralpe, voglio dedicare due righe alla nuova campagna pubblicitaria della BVG, l’azienda di trasporti di Berlino.

Il motto è “Weil wir Dich lieben” (“Perché ti amiamo”) e lo spot già diventato virale:

Il rap di Kazim Akboga inanella una lunga serie di situazioni in cui ci si può imbattere sui mezzi pubblici (uomini a cavallo, donne che tagliano cipolle, cani travestiti da squali) e di fronte ai quali lui, nei panni di autista/controllore, non fa una piega (“Ist mir egal” significa “Va bene, non mi interessa”). Almeno fino a quando non scova due passeggeri senza biglietto: quello non è assolutamente “egal”.

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12 mesi a Berlino

Fonte foto: www.berlin.de

Fonte foto: www.berlin.de

Per il primo post del 2015 ho pensato di gettare uno sguardo al 2014. Idea originalissima, lo so. Chi è su Tumblr forse conosce già “When you live in Berlin”, account di una expat britannica trasferita a Berlino che commenta eventi vari ricorrendo a GIF animate. Il Berliner Morgenpost le ha chiesto un riassunto del 2014 e lei ha interpretato la richiesta a modo suo.

12 Monate in Berlin – ein Jahresüberblick

Guardando gennaio e dicembre, da italiana abituata ai tempi biblici dei lavori pubblici, mi consolo un po’. (Chi non fosse al corrente può cercare “nuovo aeroporto Berlino” o simili su Google. Buona lettura.)

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Lichtgrenze

La notte del 9 novembre di 25 anni fa successe qualcosa che sembrava impossibile: gli abitanti di Berlino Est misero piede nella parte ovest della città dopo più di 20 di separazione totale.

La “barriera di protezione antifascista”, nome ufficiale di quello che tutto il mondo chiamava semplicemente “Muro di Berlino”, aveva separato famiglie, diviso amici, causato centinaia di morti fra chi tentava di fuggire dal regime della DDR nei modi più improbabili. Poi, una sera di novembre, l’annuncio: le regole sul passaggio da Est a Ovest sono cambiate. Il politico di turno, ospite di una trasmissione televisiva, si lascia sfuggire la notizia e alla domanda del giornalista “Quando entreranno in vigore le nuove regole?” risponde impacciato “Da subito.”

I berlinesi non credono alle loro orecchie. In migliaia si riversano per le strade, si avvicinano al serpentone di cemento armato che racchiude la parte Ovest della città e chiedono di passare. Le guardie non sanno cosa fare, nessuno ha dato loro ordini a riguardo. I punti di passaggio vengono presi d’assalto, le persone aprono valichi nel muro a colpi di piccone e martello. È l’inizio del processo che porterà, l’anno successivo, alla riunificazione della Germania.

Ero a Berlino per il ventennale della caduta del Muro e ho dato il mio piccolo contributo all’evento organizzato per festeggiare. Ricordo ancora le note di “Heroes” di David Bowie proprio mentre arrivavo alla Porta di Brandeburgo. È tanto che non torno a Berlino, ma quando ripenso a quella sera mi commuovo ancora.

Nella foto: il “Lichtgrenze”, confine di luce, installazione luminosa che corre lungo il vecchio percorso del Muro. Fonte: http://www.berlin.de/mauerfall2014/

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Piccoli errori logistici

cocaine-aldi

Notizia curiosa del giorno, trovata sul sito BBC News Europe: immaginate una normale giornata di lavoro in un magazzino Aldi, catena di discount molto diffusa in Germania. È appena arrivato un camion di frutta e i magazzinieri iniziano a scaricare le cassette. Solo che fra i caschi di banane trovano della merce inaspettata: pacchetti di cocaina. La stessa scena si ripete in 5 punti vendita di Berlino a dintorni, per un totale di 140 Kg di coca; valore complessivo: 6 milioni di euro.

Il carico era stato spedito dalla Colombia al porto di Amburgo, dove è stato smistato e spedito ai 5 negozi “per errore”. Il portavoce della polizia berlinese ha confermato che si tratta del più grande sequestro di cocaina effettuato in città negli ultimi anni. Nel frattempo, ho come l’impressione che, da qualche parte nel mondo, un “responsabile della logistica” non se la stia passando troppo bene…

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East Side Gallery

Causa impegni lavorativi che si moltiplicano come Gremlins sotto la doccia, non sono riuscita a seguire come si deve la vicenda dell’East Side Gallery.  Del muro che dal 1961 al 1989 è stato il confine invalicabile fra Berlino Est e Berlino Ovest rimangono oggi solo pochi settori, diventati un’attrazione per i turisti. Il tratto più lungo e meglio conservato è l’East Side Gallery, 1,3 chilometri di cemento lungo la riva della Sprea trasformati in un’opera d’arte a cielo aperto dopo la riunificazione grazie al contributo di artisti provenienti da tutto il mondo. Dopo il restauro del 2009 in occasione del ventennale della caduta del muro sembrava che la “Galleria” fosse pronta ad affrontare altri 20 anni di vita, ma qualcuno ha avuto altri progetti.

Berlino è famosa per il prezzo della vita basso e gli affitti decisamente economici. Negli ultimi anni, però, anche la capitale tedesca è entrata nel mirino della speculazione edilizia: quartieri un tempo degradati, soprattutto nella parte est, sono diventati improvvisamente cool (un esempio su tutti: Prenzlauer Berg) e i prezzi, come prevedibile, sono aumentati.

L’East Side Gallery si trova a Friedrichshain, quartiere con un’altissima concentrazione di locali notturni (la via principale della movida berlinese è la Simon-Dach-Straße, a pochi minuti di distanza) e la zona fa gola agli imprenditori. Che hanno avuto la brillante idea di costruire un complesso di appartamenti di lusso sulla sponda del fiume. E poco importa se per realizzarlo sarebbe stato necessario abbattere una parte di muro.

Ai berlinesi, invece, è importato eccome: sono state organizzate manifestazioni di protesta in difesa di quello che è diventato uno dei simboli della città e il vecchio motto “Die Mauer muss weg!” (“Il muro se ne deve andare”) è stato sostituito da “Die Mauer muss bleiben!” (“Il muro deve restare!”)  Le autorità hanno impedito la rimozione del muro, ma i lavori di costruzione continuano.

E fra le varie dimostrazioni di supporto alla causa è spuntata una vecchia conoscenza. Vi ricordate David Hasselhoff, il ricciolone che negli anni ’80 parlava con Kitt in Supercar e negli anni ’90 correva sulle spiagge della California con Pamela Anderson in Baywatch? Hasselhoff era molto popolare come cantante pop in Germania e ha partecipato al concerto di Capodanno del 1989, di fronte alla Porta di Brandeburgo, allora ancora imprigionata nella terra di nessuno. Sono rimaste negli annali la giacca con le lucine intermittenti e le sue dichiarazioni secondo le quali sarebbe stata proprio la sua canzone “I’ve been looking for Freedom” a portare all’abbattimento del muro.

Ebbene, Hasselhoff ha twittato che domenica 17 marzo sarà alla East Side Gallery per offrire il suo contributo alla causa. Chissà che giacchetta indosserà per l’occasione.

Fonte foto: Wikipedia

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Berlino la verde

Quando la nostalgia di Berlino si fa sentire – e ultimamente capita abbastanza spesso – vado a cercare qualche notizia d’oltralpe, così, tanto per non perdere il filo. L’altro giorno, invece, è stata la notizia a trovare me. Apro L’Espresso e mi imbatto nel titolo “Onda verde su Berlino”. In estrema sintesi: i Verdi, che in Italia sono ormai dati per dispersi, stanno approfittando del calo di consensi dei due partiti di governo, la CDU di Angela Merkel e la FDP di Guido Westerwelle, e insidiano perfino la supremazia dei partiti di sinistra nella capitale.

Berlino, oltre ad essere la capitale della Germania, è anche un Land a sé, una vera a propria città-stato (come Brema e Amburgo), e negli ultimi 10 anni è stata governata da una “rot-rote Koalition”, una coalizione formata da SPD (sinistra moderata) e Linke (partito di sinistra nato dalle ceneri della SED, il partito unico della DDR). Nonostante sia una delle capitali europee più amate, soprattutto dai giovani, è anche uno dei Länder più poveri e il suo slogan è ormai diventato “Arm, aber sexy”: “poveri ma sexy”. Il fatto che in una città tradizionalmente orientata a sinistra l’elettorato si stia spostando in direzione dei Verdi non dovrebbe sorprendere più di tanto, ma, come fa notare l’autore dell’articolo, i Grünen non sono votati solo da universitari idealisti ed ecologisti fricchettoni; anzi, sono soprattutto gli elettori del ceto medio a sceglierli, quei radical-chic benestanti che possono permettersi di fare la spesa nei tanti supermercati bio e vogliono energia pulita proveniente da fonti rinnovabili, anche se più costosa rispetto a quella prodotta dalle centrali nucleari o derivante da combustibili fossili.

Ero a Berlino durante le elezioni tedesche del 2009 e un articolo che analizzava il voto cittadino mi ha colpito. Un grafico mostrava come, a vent’anni dalla caduta del muro, la città fosse ancora nettamente divisa: i quartieri dell’ex Berlino Ovest avevano votato CDU, quelli dell’ex Berlino Est Linke ed SPD. Ma nei quartieri di Mitte e Prenzlauer Berg, in pratica il centro storico e la zona chic-alternativa della città, la maggioranza era andata proprio ai Verdi.

Se “l’onda verde” dovesse estendersi ad altre zone della città, il sindaco Klaus Wowereit dovrà stare attento a non farsi soffiare la poltrona.

 

Fonte: purtroppo non ho trovato l’articolo sul sito de L’Espresso. Sul sito di Legambiente si trova però una scansione dell’originale (scritto da Stefano Vastano):

http://www.legambiente.eu/associazione/rassegnaStampa/articolo.php?id=14409

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Il titolo di questo post non si riferisce alla nazionale italiana, tornata a casa con la coda tra le gambe dopo avere fatto una figuraccia paragonabile solo a quella della Francia. È invece il titolo comparso sulla prima pagina del quotidiano tedesco Bild il giorno dopo la finale di Champions League Inter-Bayern Monaco. Me lo ricordo bene: ero a Berlino con i miei genitori, ed è stata una serata epica.

I miei dovevano venire a trovarmi e, un paio di settimane prima del loro arrivo, mi ero resa conto che la finale si sarebbe giocata proprio durante la loro vacanza berlinese. Non avevamo un televisore in casa, quindi mi sono messa a cercare un posto dove poter guardare la partita. Erano anni che mio padre aspettava di rivedere l’Inter in finale, non potevo certo chiedergli di rinunciare per colpa mia. Alla fine ho optato per una birreria poco lontana da dove abitavo e, fortunatamente, ho pensato di prenotare in anticipo: i posti ancora disponibili erano quasi finiti.

Certo mi aspettavo di trovare molti tifosi del Bayern, ma allo stesso tempo pensavo che ci sarebbero stati altri italiani. E comunque i bavaresi non sono molto amati a Berlino e speravo di trovare anche qualche tifoso dell’Hertha BSC che, reduce dalla retrocessione in Serie B, volesse gufare un po’ contro i vincitori della Bundesliga. Invece ci siamo ritrovati in quella che sembrava una scena uscita da una commedia degli equivoci: tre italiani, dei quali solo io parlavo tedesco, circondati da krukki in maglia rosso-bianca. Diciamo che la mia maglia nero-azzurra spiccava un pochino.

Il clou della serata, comunque, è stato il sottile tentativo dei nostri vicini di tavolo di cacciarci dal locale: mentre il cameriere stava riportando dei boccali vuoti al banco, lo hanno fermato e gli hanno detto: “Porta il conto a quelli là, vogliono andare via.” Di certo non si aspettavano che io rispondessi, in tedesco: “No, guarda, non vogliamo andare da nessuna parte.”

Come ciliegina sulla torta, alla fine della partita mia madre, sprezzante del pericolo, ha fatto comparire dal nulla tre sciarpe nero-azzurre e le ha sbandierate in faccia agli sconfitti. A quel punto ho iniziato a temere una reazione poco simpatica da parte dei tifosi del Bayern. Ma non è successo nulla. Hanno passato 90 minuti a urlare, applaudire e insultare l’arbitro (tutto il mondo è paese), ma nulla di più.

Il giorno dopo, in edicola, ho visto il suddetto titolo, corredato da una foto dei giocatori del Bayern che lasciavano il campo mogi mogi. La Bild non è certo un quotidiano di spessore (è l’equivalente tedesco del Sun), ma alla luce delle prestazioni della nazionale allenata da Löw, ribattezzata da mio padre “rullo compressore”, forse questa volta ci hanno azzeccato. Anche se, da brava italiana superstiziosa, inviterei i giornalisti teutonici a non festeggiare prima del tempo (mi ricordo ancora la “Pizza Arrivederci” comparsa sempre sulla Bild prima della semifinale Italia-Germania nel 2006) e a seguire il suggeriemnto del mitico Trap: “Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco!”

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Tschüß

Ultima sera a Berlino. Temo che, se dovessi scrivere un vero “ultimo post”, mi metterei a piangere, quindi mi limito a citare Battiato.

Non so se e quando aggiornerò ancora questo blog. Forse sì, rimanete sintonizzati.

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In Germania vedere uno spazzacamino porta fortuna. Io stamattina ne ho visti 3 sul tetto della casa accanto (abitare all’ultimo piano ha i suoi vantaggi), quindi mi aspetto una giornata grandiosa. Intanto ha smesso di piovere e la temperatura si è alzata, che è già qualcosa.

Altre piccole superstizioni teutoniche: per scacciare la sfortuna qui non si tocca il ferro, ma il legno (come nei paesi di lingua inglese) dicendo “Toi toi toi”; per augurare buona fortuna a qualcuno non si dice “Incrociamo le dita”, ma “Ich drücke dir die Daumen”, letteralmente “Ti schiaccio i pollici”; oltre alle coccinelle e ai quadrifogli, anche i maiali portano fortuna e un modo colloquiale per dire “Mi è andata bene” (o “Ho avuto culo”) è “Ich habe Schwein gehabt”, ossia “Ho avuto maiale”. Bisogna solo fare attenzione al contesto nel quale si usa quest’espressione, qualcuno potrebbe equivocare…

E adesso vado a godermi la mia giornata fortunata. Tschüß!

Fonte foto: Wikipedia

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Visti per strada #2

Ultimi giorni a Berlino. Poco tempo a disposizione, ancora tante cose da fare. Mentre sistemavo le foto fatte in questi mesi, ne ho trovate alcune del mio quartiere, Neukölln. Non ha la vitalità di Kreuzberg o Friedrichshain, non è trendy come Prenzlauer Berg e non è certo la prima scelta quando si deve decidere dove trasferirsi – anche se l’assessore allo sviluppo (la signora nel manifesto qui sopra) ha intenzione di trasformarlo in un quartiere coi fiocchi. Ma ho trascorso qui gli ultimi otto mesi, e di sicuro mi mancherà.

Espositore di un negozio di elettronica. (Lo stesso che ha i manichini cyberpunk in vetrina.)

Il nostro amichevole Spiderman di quartiere, che se ne sta appollaiato sopra all’insegna di un videonoleggio.

Le giornate invernali sono lunghe e grigie, aiutiamoci con un po’ di colore.

Foto © Alessandra Ocarni

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