Più ho a che fare con la lingua tedesca, più mi convinco che “i tedeschi hanno una parola per tutto” – frase che ripeto abbastanza di frequente. Questo è dovuto non solo alla presenza di parole composte, solitamente lunghissime, che esprimono con un solo vocabolo concetti che in italiano necessitano di giri di parole infiniti (uno dei miei esempi preferiti è “Schadenfreude”, ossia “il gioire per i guai di qualcun altro”), ma anche a parole che testimoniano la sottigliezza e le sfumature di cui è capace quest’idioma.
Ne è un esempio il “doch”, congiunzione usata per rispondere in modo negativo a una frase negativa. Vi è già venuto il mal di testa, vero? Vi faccio un esempio concreto.
Se, in italiano, alla frase “Non abbiamo più pane” rispondo con un “No”, la mia risposta potrebbe essere interpretata in due modi diversi:
1) “No, effettivamente non abbiamo più pane”
2) “No, guarda che ne abbiamo ancora”
Visto che la mente tedesca non potrebbe sopportare un tale livello di imprecisione, si sono inventati il “doch”: se rispondo semplicemente con “ja” o “nein” (“sì” o “no”), vuol dire che no, non ne abbiamo; se dico “doch”, vuol dire che no, ne abbiamo ancora. Senza bisogno di girarci attorno.
A livello teorico so benissimo come funziona il giochino, ma, nonostante tutto, non sono ancora riuscita a interiorizzare il doch, e mi capita spesso, soprattutto se sono nel bel mezzo di una discussione, di dire semplicemente “Nein”. Solo che poi mi tocca specificare, insomma, faccio il doppio della fatica.
Il tedesco è una lingua difficile; ma se proprio dovessi trovarmi in difficoltà, so che posso telefonare a uno dei due numeri verdi per le emergenze linguistiche: quello della redazione del Duden (il corrispettivo tedesco del dizionario Garzanti), oppure quello della Gesellschaft für die deutsche Sprache (in pratica l’Accademia della Crusca d’Oltralpe), dove un team di esperti è sempre a disposizione per risolvere ogni dubbio. E con una grammatica del genere, secondo me non si annoiano di certo.
PS Se siete interessati all’argomento, vi consiglio “Piccolo viaggio nell’anima tedesca“, un libro breve ma molto interessante scritto da Vanna Vannuccini e Francesca Predazzi.
Photo © Guillermo Ossa
fikooo!!! adoro i post sulla grammatica 😀
ancora, ancora!
Devo prestarti il libro allora, Steah l’ha letto e ha strippato di brutto! Si trova anche su Google Books, se ti interessa. Altrimenti te lo presto quando torno a fine mese – e ti restituisco Asimov, l’ho quasi finito. 🙂
Non so perchè, ma fin da piccola (sono cresciuta con una bimba madrelingua tedesca) ho odiato la lingua tedesca, forse perchè quando parlava con la madre lo faceva nella loro lingua e io non capivo niente, anzi mi sembravano sempre arrabbiate anche quando ridevano (mah!). Imparai giusto qualche parola e il giorno che rividi la nonna di lei per fare la persona educata le dissi “auschwitz!!!” […] solo che intendevo dire ‘aufidersen’ (Arrivederci) … che figura di biiiip.
ciao Ale! il blog è fantatstico!!! perchè non scrivi al link qui sotto. è una trasmissione di radio popolare che tratta di blogger che scrivono dall’estero…magari riescono a darti visibilità!
ciao!
http://mir.it/servizi/radiopopolare/blogs/alaska/
ahahahah bisognerebbe far parlare un tedesco con un mio compagno di classe giapponese che la settimana scorsa ha mandato tutti ammalissimo sul come rispondere a una domanda negativa, vedi se ci fosse stato un tedesco nella nostra classe ci avrebbe risparmiato venti minuti di deliri e il conseguente mal di testa XD
Ciao Alessandra,
ti ho linkato al mio blog: http://mainograz.wordpress.com/
Come stai?
Quando torni?
Un saluto
Graziano
Ciao, grazie!
Torno a fine maggio, anche se mi piacerebbe restare…